Perchè le soft skill conteranno sempre di più nella selezione dei talenti

Assumere un manager – soprattutto, ma non solo – quando si tratta di un direttore di funzione, è sempre una decisione difficile, anche quando CV ed esperienze professionali toglierebbero ogni dubbio sulla bontà del candidato.

Nel prossimo futuro lo sarà ancora di più!! Senza dubbio!

Perché? Il cambiamento delle aziende, dei mercati, dei modelli di business e dunque dei ruoli è oggi più che mai in continua trasformazione. Per quanto quindi l’esperienza possa essere perfettamente allineata, il futuro sarà comunque diverso, e richiederà sempre la capacità di affrontare sfide che al momento dell’assunzione non erano prevedibili. La complessità è ormai tale che è difficile che le persone possano essere preparate ad affrontare domani qualcosa che oggi non riusciamo neanche a immaginare.

Come procedere quindi?

Dalla mia esperienza, valutando attentamente due aspetti.

Il potenziale dei candidati

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Il primo è il potenziale: al di là dell’esperienza maturata, è fondamentale capire nel confronto con il candidato quanto sarà in grado di cogliere velocemente i punti chiave del cambiamento e poi di guidarlo, di sfruttare a fondo le esperienze passate come palestra di apprendimento per rimodularle nel rispondere a nuovi scenari e necessità.

Andrà valutato, quante opzioni ha individuato e considerato nelle situazioni passate?  Con quale profondità le ha analizzate?  A posteriori, come valuta le scelte fatte, cosa ha imparato?

Un profilo eterogeneo – quello che un tempo veniva considerato quasi una pecca, una mancanza di coerenza – diventa quindi oggi un asset strategico.

Perché quante più esperienze diverse ha fatto la persona – di geografie e di aziende, di culture diverse, di ruoli – tante più occasioni ha avuto di “allenarsi” ad affrontare e gestire situazioni diverse, in continuo cambiamento.

Se in passato aver cambiato più aziende era visto negativamente, oggi, se ogni esperienza è stata vissuta intensamente e sfruttata come “palestra” per imparare, è un vantaggio.

Le soft skill

resilienza soft skill

Il secondo aspetto è la persona nella sua globalità, le competenze cosiddette “soft – come ottimismo, flessibilità e resilienza – di cui da qualche anno tanto si parla, ma anche creatività, che spesso si accompagna con coraggio, e umiltà, tanta umiltà, per poter ammettere ed imparare dai propri errori.

Non si tratta solo di slogan ma di vere capacità chiamate impropriamente “leggere”, perché in realtà possono fare la differenza. Vediamo come e perché.

Flessibilità

Flessibilità: è fondamentale per correggere velocemente il tiro, modificare il proprio stile per adattarsi a nuovi contesti, comprendere velocemente il cambiamento e saper cambiare ciò che serve, ridefinire velocemente le strategie, con umiltà.

Ottimismo

Ottimismo: credere, sapere che una soluzione, un modo per arrivare all’obiettivo c’è. Se so che c’è non perdo l’energia e la fiducia e continuo a investire nella ricerca, nel confronto, nell’analisi e nella sperimentazione fino a trovare la chiave di volta

Resilienza

Resilienza: in contesti nuovi, affrontando sfide nuove, non sappiamo cosa abbiamo di fronte e come evolveranno le cose, perché non conosciamo tutti gli aspetti in gioco ed è quindi certo che molte volte sbaglieremo.

La resilienza è proprio questo: la capacità di rialzarsi dopo aver sbagliato e imparare dall’errore, una qualità che permette di prendere le decisioni anche in assenza di tutte le informazioni necessarie.

Coraggio e creatività

Coraggio e Creatività: inventare nuove modalità di fare, creare nuove soluzioni richiede spesso il coraggio, di sperimentare e di sbagliare. Perché si traccia un nuovo cammino, dove prima nessuno è ancora stato.

Umiltà

Umiltà: l’idea, la soluzione può spesso arrivare da persone ed elementi mai considerati prima. Le positive performance del passato, le esperienze non garantiscono una maggiore probabilità di successo, bisogna saper chiedere ed essere aperti all’inclusione e al dialogo, anche se questo comporta rimettersi in gioco.

Conclusioni

Insomma, la complessità sta diventando tale che “il sapere” tecnico, hard , in futuro, sarà  probabilmente spesso gestito con l’intelligenza artificiale.

Ma le competenze soft elencate, che sono competenze di intelligenza emotiva continueranno ad essere fondamentali per potersi  muovere con successo nelle organizzazioni, in qualsiasi ruolo, per poter collaborare, coordinare, prendere decisioni, guidare,  avere successo nelle organizzazioni ed in molte attività non per forza professionali.

E questo ha a che fare con l’empatia, i sentimenti e l’human touch che ciascuno ha come unicità.