Il cervello dello smart worker ha una struttura cranica molto particolare, che ha dovuto adattarsi in seguito a un trauma considerevole.
Incomincia così il video, diventato virale, di Giovanni Scifoni che ha saputo sintetizzare con ironia come sia cambiata la comunicazione ai tempi della pandemia e del lavoro da remoto.
Un nuovo modo di comunicare
Tre sono i fattori cruciali che hanno modificato il nostro modo di interagire con gli altri:
- la tecnologia, che ha sostituito la presenza fisica;
- gli spazi;
- i tempi.
Tecnologia

Partiamo dalla tecnologia: la distanza ha aumentato la necessità di essere vicini agli altri e di comunicare le proprie emozioni.
Ogni singolo minuto del 2020 sono stati condivisi:
- 41,6 milioni di messaggi su WhatsApp;
- 150 mila su Facebook;
- 347mila storie su Instagram1.
Si tratta di una “fame” di comunicare e di stare insieme in modo semplice che le Big Tech conoscono e a cui stanno provando a dare risposte, dalla mano alzata in riunione all’ologramma dei partecipanti.
Le interazioni a distanza sono più faticose per il nostro cervello – basta guardare l’Elettroencefalografia studiata da Microsoft2 – e vedersi di persona, poter “ascoltare” la comunicazione non verbale, che occupa la parte maggiore di una conversazione, il 97%3, è molto importante per capirsi.
Spazi
Un altro fattore cruciale sono gli spazi.
Quanti di voi sono “entrati” per la prima volta nella casa del proprio capo?
Magari durante la video riunione l’hanno visto in maglione, o accarezzare il proprio cane e chiedere al figlio di uscire dalla camera.
Quante volte abbiamo avuto noi stessi lo scrupolo di chiederci che cosa stessimo trasmettendo di noi, del nostro “sfondo” di casa e di come risultassimo in video, tra difficoltà di evitare il disordine dietro e di avere l’inquadratura giusta?
Con lo smartworking, il confine tra privato e professionale non esiste più.
Siamo prigionieri di un presente continuo che crea sensi di affaticamento e rischio di burnout, anche tra i più giovani.
La giornata lavorativa si è allungata oltre i tradizionali tempi dell’ufficio.
Anche la comunicazione è diventata un flusso continuo, che va ben oltre le riunioni di lavoro e include la presenza su più piattaforme, anche contemporaneamente.
Tempi

Come far fronte a queste nuove criticità? Ecco alcuni spunti pratici:
- sviluppare una routine quotidiana: definire bene quali sono i momenti di “brainstorming” informali – nei quali anche la nostra comunicazione sarà più personale e possiamo anche farci vedere in cucina ed essere più creativi camminando per casa – e quelli formali, in cui è opportuno essere in un luogo della casa silenzioso e ben connesso, curando di più anche l’abbigliamento;
- decidere e non subire quale strumento usare: molte persone non si “vedono” in video e preferiscono utilizzare solo l’audio per partecipare a un meeting per non essere distratti dall’ansia di come ci vedono gli altri. Esserne consapevoli ed esplicitare questa difficoltà è un gesto di maturità che oltre a semplificarci la vita sarà ben accolto – una volta spiegato – dagli altri colleghi;
- non dimenticarsi la pausa caffè, anche se virtuale. È importante ricreare con i propri colleghi anche una comunicazione più informale e immediata – per quanto possibile – che non sia solo di lavoro ma ci consenta di parlare di come ci sentiamo;
- saper dire “stop” al flusso di comunicazioni. Molte aziende hanno già adottato delle policy per il diritto alla disconnessione, ma se anche non ne avete una, sapere mettere dei limiti e chiarire le aspettative nei tempi di risposta alla “pioggia” di comunicazione aziendali è un segno di maturità e responsabilità.
Quando non c’era, lo invocavamo come la soluzione ideale per poter lavorare meglio e avere più tempo per noi stessi. Ma ora che il lavoro da remoto è diventato una realtà forzata, la casa si è trasformata in un ufficio caotico e non vediamo l’ora di tornare in sede. Attendendo questo agognato momento, possiamo imparare a gestire meglio tempi e spazi, un apprendimento che ci sarà utile nel “dopo”.